Giuseppe Baucon, di Gradisca, salvatosi dalla fucilazione titina e dalla foiba a Circhina nel 1944

Questa è la storia di Giuseppe Baucon / Josip Bavcon, detto Pepi, goriziano di nazionalità slovena e cittadinanza italiana. I suoi discendenti desiderano ricordare la sua storia, come ha riferito la signora Marija Oseli, nipote del protagonista. «Vorrei che il nonno – ha detto la signora Oseli – fosse ricordato per le gravi avversità che ha dovuto affrontare nella vita e poi perché fu scagionato dalle accuse che gli furono rivolte fino all’incarceramento, nel 1945, nella prigione di Lubiana per diciotto mesi».

Cartolina con panorama di Circhina. Immagine ripresa da Facebook.

Nato a Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia il 29 aprile 1901, Giuseppe Baucon muore a Lubiana l’8 febbraio 1984. Dal 1912 risiede a Gorizia, dove frequenta le scuole. A Tolmino, provincia di Gorizia, fa l’apprendista commesso, all’età di 16 anni. Poi emigra a Circhina, provincia di Gorizia, ai confini col Regno di Jugoslavia dove, il 10 agosto 1929, sposa Marija Makuc, nata a Circhina l’11 giugno 1903, che gli da tre figli prima della seconda guerra mondiale e uno dopo.

Giuseppe Baucon aderisce alla Tigr (Trst-Istra-Gorica-Reka = Trieste-Istria-Gorizia-Fiume), organizzazione segreta antifascista filoslava, sorta nel 1927, secondo le ricerche di Marijan F. Kranjc (1935-2017), generale dell’esercito jugoslavo.

La Tigr è un acronimo per indicare il nome abbreviato della Organizzazione Rivoluzionaria della Venezia Giulia. In sloveno “Revolucionarna organizacija Julijske krajine, Tigr”. È stata un’organizzazione clandestina nazionalista, irredentista e antifascista, che lottava contro la politica di snazionalizzazione di sloveni e croati perseguita dal regime fascista italiano. Puntava poi all’annessione al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, dal 1929 Regno di Jugoslavia, delle zone nord-orientali del Regno d’Italia, annesse a seguito della Grande Guerra. Oltre alla propaganda politica mise in atto azioni violente, quali attentati dinamitardi, omicidi, assalti a pattuglie, incendi e sabotaggi. La Tigr fu perseguita dal Regno d’Italia per terrorismo.

Vale la pena di accennare al fatto che il ramo triestino della Tigr è definito “Borba” (ossia: Lotta). Aveva scopi di liberare i territori slavofoni annessi al Regno d’Italia dopo la Grande Guerra, con azioni di risposta alla “violenza con la violenza”, come ha scritto Miro Tasso nel 2010.

Il 30 gennaio 1940 i carabinieri di Circhina sequestrano nella rivendita di Baucon Giuseppe, locandiere, undici copie del quotidiano antitaliano “Slovenski Dom”, edito a Lubiana. Baucon è ammonito dall’autorità militare.Michele Ugo Galliussi, Foibe, 2018, china su carta cm 21 x 29,8.

Con l’invasione della Jugoslavia, del 6 aprile 1941, da parte delle forze dell’Asse, guidate da Germania e Italia, l’Esercito Italiano si disloca con oltre 400 mila militari sulla fascia costiera jugoslava e pure nell’interno. Annettendo metà Slovenia al Regno d’Italia, viene creata la provincia italiana di Lubiana. La Slovenia orientale, con la scusa della presenza di alcuni tedescofoni, viene annessa al Terzo Reich. Al centro della costa adriatica nasce il Governatorato italiano della Dalmazia, allargando la piccola enclave di Zara, già italiana dal 1918, includendo le città con significative presenze italiane di Spalato, Traù, Sebenico e Cattaro.

Oltre la metà degli abitanti di Circhina / Cerkno parteggia per la Resistenza dal 14 febbraio 1943 contro il fascismo, come emerge dalla letteratura jugoslava citata in un’opera inedita di Giacomo Scotti, intitolata L’uomo risorto dalla foiba, del 2017, messa a disposizione delle ricerche dai discendenti (d’ora in poi: Pamphlet Scotti). Giuseppe Baucon aderisce all’Unione dei combattenti per la libertà, con l’incarico di telefonista in un bunker dell’ex caserma italiana.

Il 27 gennaio 1944 i tedeschi, guidati da collaborazionisti Belagardisti, si infiltrano a Circhina, considerato territorio libero e sotto il controllo del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno, in lingua slovena: Osvobodilna fronta slovenskega naroda – acronimo Of. La parola Belagardisti deriva da “Bela Garda”, che in sloveno significa Guardia Bianca. Era una Milizia Volontaria Anti Comunista (Mvac), o Bande Vac. È la denominazione comune con cui furono denominate, a iniziare dal 19 giugno 1942, differenti formazioni armate locali croate e slovene collaborazioniste dei nazifascisti.

In sostanza i nazisti quel 27 gennaio 1944 a Circhina, sparando anche dal campanile, massacrano 48 partigiani su 109 corsisti ospitati in zona per frequentare un corso di partito per futuri ufficiali dell’Esercito di Liberazione Jugoslavo.

In seguito c’è la rappresaglia partigiana contro i paesani di Circhina, accusati di fiancheggiare i nazisti. Il 3 febbraio 1944 il Vos, Servizio di Informazioni e Sicurezza Partigiano fucila e getta nella foiba 15 abitanti di Circhina, per vendicare le 48 vittime dei nazisti. La sigla Vos si esplica così: Varnostno-obveščevalna služba - Servizio informazioni della difesa.

Gorizia, 1946 - Manifestazione filo-jugoslava con donne in primo piano. Immagine ripresa da Internet.

Il tutto avviene senza processo alcuno, ciò che fa sorgere dei sospetti anche tra la stessa dirigenza politico militare titina, come si legge dai documenti inediti degli archivi di Belgrado presentati nel Pamphlet Scotti. C’è però un sopravvissuto (Giuseppe Baucon) pur ferito duramente egli riesce a risalire dalla piccola foiba, come da lui dichiarato ai discendenti. La fucilazione del Vos avviene “per la vendetta di alcuni commercianti comunisti invidiosi dei successi di mio padre nel commercio” (Pamphlet Scotti, p. 15), come sostengono il figlio Jožko e i discendenti di nonno Pepi.

Di seguito c’è l’elenco dei quindici fucilati e gettati nella foiba Lajše, con i nomi sloveni o italianizzati. Il luogo della strage è Grobišče Lajše, ossia Fossa comune di Lajše. Si tratta di otto maschi e sei femmine, due delle quali prelevate a caso nell’abitazione durante la rappresaglia, perché la vittima in elenco da imprigionare era ammalata e non avrebbe potuto arrivare fino sul limite della foiba. Ad esempio Marta Piščanec, sorella di un prete, doveva essere prelevata, ma essendo ammalata viene imprigionata al suo posto la domestica Malka Amalija Purgar, la quale è in procinto di entrare in convento. Salta agli occhi come i soggetti scelti per la fucilazione di rappresaglia dai titini siano di ambiente “clericale fanatico” o del mondo delle parrocchie, dichiaratamente anticomunisti, se non apertamente filo-belagardisti (Pamphlet Scotti, pagg. 31-32).

  1. Piščanec Lado, o Pisacane Ladislao, cappellano, da Barcola / Barkovlje, frazione di Trieste, presunto sostenitore della Bela Garda.
  2. Sluga Josip, cappellano, da Visoko pri Kranj, località sopra Lubiana.
  3. Bevk Filip, agricoltore, da Circhina, parente del teologo Stanko Bevk, propagandista sin dal 1942 per la Bela Garda.
  4. Paa Pavla, maestra elementare, da Dolenja Otlic / Ottelza di Sotto, frazione del comune di Aidussina.
  5. Sedej Pavla, sarta, da Circhina, parente del vescovo Francesco Borgia Sedej (1854-1931).
  6. Mlakar Anton, agricoltore, da Lazec, presso Circhina.
  7. Ambrožič Janez, muratore e contadino, da Otalež, presso Circhina.
  8. Bogataj Rudolf, calzolaio, da Lasna Valfredda / Gornje Lazne, oggi vicino a Nova Gorica (Slovenia).
  9. Zorzut Carlina, governante, da Quisca / Kojsko, presso San Floriano del Collio, provincia di Gorizia (commerciante, secondo G. Scotti).
  10. Ržen Angela, sarta, da Circhina.
  11. Mezek Katerina, detta Kati, contadina, da Circhina, parente del vescovo Sedej. Secondo G. Scotti, invece, è una commerciante. Il suo nome è scritto con la calligrafia ben riconoscibile di un altro commerciante di Circhina, un comunista, noto fascista negli anni ’40, che vuole disfarsi della concorrenza nel territorio, secondo G. Scotti.
  12. Purgar Malka, domestica, da Zakriž, presso Circhina.
  13. Rojc Franc, commerciante, da Circhina. È uno dei primi a partire partigiano da Circhina, dopo la capitolazione degli italiani. Poi torna a casa zoppicando, dicendo di essere ammalato e di non voler più combattere; sua moglie, oriunda di Caporetto fin dall’inizio avversa il Fronte di Liberazione dei partigiani (Pamphlet Scotti, pag. 33).
  14. Kavčič Albert, macellaio e conciatore di pelle, da Circhina. Macellaio, ma anche commerciante, accusato di aver ottenuto un contratto per fornire di carne un presidio militare italiano, secondo G. Scotti, pag. 33.
  15. Baucon Giuseppe, autista, da Gradisca d’Isonzo, vicino a Gorizia (commerciante e locandiere, secondo G. Scotti e i suoi familiari). Unico sopravvissuto.Foiba di Lajše – Capanna memoriale e lapidi del monumento che ricorda la fucilazione dei 15 cittadini di Circhina. Immagine ripresa dal blog seguente che si ringrazia per la pubblicazione e diffusione: https://www.rtvslo.si/blog/frje/mnocizno-grobisce-ali-krasen-krai-laise-nacerkljansem/18017

Salvatosi dalla fucilazione, durante la quale perde un occhio e riporta altre ferite, Baucon si rifugia da conoscenti dove gli vengono date le prime cure dal dottor Sticchi di Circhina. Poi viene portato a Gorizia dai genitori. La fucilazione avviene così. Un miliziano titino sospinge una vittima alla volta verso la foiba. Da distanza ravvicinata, spara un colpo alla testa e il corpo dell’assassinato cade nel baratro. Ultimo ad essere passato per le armi è proprio Giuseppe Baucon. Nel fitto della boscaglia e, approfittando del buio della notte, Giuseppe Baucon si ribella, afferrando l’unico tiratore per il braccio facendogli perdere la mira. Nella breve colluttazione resta ferito alla mano e alla testa. Perde i sensi e cade nella foiba. Dopo alcune ore, sparite le sentinelle titine, riprende i sensi e, pur ferito, accatastando i morti riesce ad uscire dalla foiba. Così è il racconto di Gizela Baucon, la figlia (Pamphlet Scotti, pag. 35).

Sfuggito alla morte, per fucilazione e infoibamento nel 1944, nella foiba di Lajše, da parte dei titini, a Circhina / Cerkno, provincia di Gorizia, viene perseguitato e, nel 1945, imprigionato dall’Ozna a Lubiana fino al 1946, quando lo liberano per mancanza di prove a suo carico e con l’impegno scritto a non rivelare nulla della sua prigionia. Le vessazioni titine, tuttavia, nei suoi confronti e pure dei suoi familiari proseguono pure negli anni della guerra fredda.

Una precisazione finale pare opportuna. In considerazione delle notizie rivelate nel pamphlet Scotti sul caso Baucon Giuseppe e dei dati forniti nell’intervista alla nipote Marija Oseli sarebbe doveroso d’ora in avanti non citare più il suo nome tra i 651 deportati di Gorizia ed uccisi dai titini nel 1945. È stato pubblicato un lungo elenco di vittime, a cura del Comune di Gorizia, nel 1980 che contiene appunto anche il nominativo di Giuseppe Baucon nato a Gradisca nel 1901, a pag. 70. È ben vero che sia stato deportato il 10 maggio 1945, ma dopo diciotto mesi di prigionia a Lubiana, egli è libero e scagionato dalle accuse, pur impegnandosi a non propalare informazioni sulla sua carcerazione titina. Muore poi nel 1984. In Internet si possono trovare varie liste, comprendenti il suo nome, di carcerati e uccisi dai titini, come quella derivante da Gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945, a cura del Comune di Gorizia, edita nel 1980. Ciò non è vero, perché il 5 settembre 1946 egli è vivo e libero. Andrebbero così aggiornate tali liste.

Documento di scarcerazione di Giuseppe Baucon, Archivio di Stato di Lubiana, Dipartimento per la Difesa della Nazione Ozna per la Slovenia, Ministero della Difesa Nazionale Jugoslava, 5 settembre 1946, pp. 3+traduzione. Collezione Marija Oseli.

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Gli avvenimenti fin qui descritti si riferiscono alle terre dell’odierna Slovenia, ma anche nel sud della Jugoslavia accadono dei fatti analoghi nella seconda guerra mondiale. Lo ha raccontato, quando poteva parlare liberamente dopo il 2010-2011, Vasko Kostić in un libro riguardante gli italiani della provincia di Cattaro, annessa al Regno d’Italia dal 1941 al 1943. Lo stesso Vasko Kostić cita un altro autore che è Nedjeljko Zorić, il quale riferisce un diktat dei partigiani titini del Montenegro: “Comunisti che non eseguono l’ordine – pallottola in testa!” (Vasko Kostić, pagg. 40, 121, 126). L’enunciato nella sua crudezza criminale è cinicamente assai convincente. Viene eseguito, infatti, con zelante precisione in tutta la Jugoslavia.

Fonti originali

- Pamphlet Scotti = Giacomo Scotti, con la collaborazione di Jožko Bavcon, L’uomo risorto dalla foiba, Fiume (Croazia), 2017, dattiloscritto, con copia di 19 documenti (in lingua italiana, tedesca, croata e slovena e traduzione in italiano di Marija Oseli), pp. 76. Collezione di Marjia Oseli, S. Giovanni al Natisone (UD).

- La primogenita di Giuseppe Baucon, signora Gizela Bavcon, citata nel Pamphlet Scotti.

- Jožko Bavcon, figlio di Giuseppe Baucon, nato il 2.5.1934, risiede in Slovenia. Ha contribuito alla ricerca e alla stesura del testo di Giacomo Scotti con un suo memoriale manoscritto e documenti.

Fonte orale

Marija Oseli, Circhina / Cerkno, Jugoslavia, 1953, intervistata a Udine da Elio Varutti il 30 luglio e il 27 agosto 2018 con taccuino, penna, macchina fotografica ed e-mail del 18 settembre 2018.

Foiba di Lajše – La voragine, occultata da pietre negli ultimi decenni del Novecento per impedire cadute involontarie. In ricordo i ceri e i fiori sul luogo della fucilazione dei 15 cittadini di Circhina. Immagine ripresa dal blog seguente che si ringrazia per la pubblicazione e diffusione: https://www.rtvslo.si/blog/frje/mnocizno-grobisce-ali-krasen-krai-laise-nacerkljansem/18017

 

Bibliografia di riferimento

Aa. Vv., I cattolici isontini nel XX secolo. Il Goriziano fra guerra, resistenza e ripresa democratica (1940-1947), Gorizia, Istituto di Storia Sociale e Religiosa, 1987.

Associazione Congiunti dei Deportati in Jugoslavia, Gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945, a cura del Comune di Gorizia, 1980.

Roland Kaltenegger, Operationszone "Adriatisches Küstenland". Der Kampf um Triest, Istrien und Fiume 1944/45, Graz, Stuttgart, Stocker, 1993; tradotto in italiano nel 1996 dalla Libreria Editrice Goriziana di Gorizia, col titolo: Zona d'operazione litorale adriatico. La battaglia per Trieste, l'Istria e Fiume.

Vasko Kostić, Storia di un prigioniero degli italiani durante la guerra in Montenegro (1941-1943), Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Roma, 2014. Titolo originale in lingua serba: Preza koncentracioni logor (Presa, campo di concentramento), 2011, traduzione italiana di Mila Mihajlović, cura delle bozze di Elio Carlo. Opera pubblicata col contributo del Comitato Provinciale di Padova dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD).

Soldati del IX Corpus a Circhina. L’immagine è stata pubblicata in Roberto Covaz, Gorizia al tempo della guerra. Memorie di Silvino Poletto "Partigiano Benvenuto", Pordenone, Edizioni biblioteca dell'immagine, 2010, p.70.

Sitologia

Nelle ricerche pubblicate dall’autore del presente blog si è già incappati in fatti di sangue tra partigiani o in casi di eliminazioni di fucilati nella foiba, poi estratti gravemente feriti o moribondi. Si accenna ai seguenti link per eventuale conoscenza del lettore.

Un articolo si riferisce all’uccisione di un giovane di Cal di Canale (GO), come riferito da Stefania Bukovec. Si chiamava Valentino Lipicar, era coi partigiani e gli ha sparato un altro partigiano che era con lui, perché Valentino si era rifiutato di eliminare un civile ritenuto collaborazionista. La soppressione di Valentino Lipicar avviene in Slovenia, ma fatti analoghi si verificano nel 1941-1943 anche in Montenegro, come ha documentato Vasko Kostić, nel 2014.

E. Varutti, Udine, Outing sull’esodo istriano alla presentazione di Rossa terra, di Mauro Tonino, on-line dal 7 luglio 2015.

Il secondo caso verte sul fatto che nella foiba di Santa Croce (TS) furono gettati nove partigiani titini del Carso. Ci fu un sopravvissuto al momento della riesumazione, Mario Sedmak, seppur in gravi condizioni. Condotto all’ospedale partigiano di Novacchi di Sotto / Bolnica Franja, vicino a Circhina, morì nell’anno successivo.

E. Varutti, Mario, trovato in foiba. Arruolamenti partigiani forzati, 1943, on-line dal 22 giugno 2015.

Cartolina a colori di Cerkno / Circhina degli anni 1960-1970, diffusa da Stefano Domenighini nel gruppo di Facebook “Essere Italofoni TM”. nel 2017.

Altre citazioni dal web sono così elencate:

Per le fonti iconografiche sulla foiba di Lajše si ringrazia e per la diffusione il seguente blog sloveno: https://www.rtvslo.si/blog/frje/mnocizno-grobisce-ali-krasen-krai-laise-nacerkljansem/18017

Riguardo alle modifiche dei cognomi ed ai propositi della Tigr si è utilizzato: Miro Tasso, Un onomasticidio di Stato, Trieste 2010, on-line dal 2010.  https://www.academia.edu/18241726/Un_onomasticidio_di_Stato_Trieste_Mladika_2010

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Servizio giornalistico e di Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti, Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti. Lettore: Bruno Bonetti. Per le informazioni ricevute, la redazione è riconoscente agli insegnanti del Laboratorio di Storia dell’Istituto “B. Stringher” di Udine. Di questo stesso istituto si ringrazia in particolare il professor Michele Ugo Galliussi, per la concessione alla diffusione del suo disegno a china, intitolato Foibe, del 2018. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo. Documenti della Collezione di Marija Oseli, S. Giovanni al Natisone (UD), che si ringrazia per la gentile disponibilità alla diffusione e pubblicazione.