Pagine eroiche nella storia del Servizio Ausiliario Femminile (1944-‘45)
Riceviamo e pubblichiamo una recensione al libro di Laura Brussi intitolato: “Ausiliarie Storie di valore umano e civile all’alba della nuova coscienza femminile. Donne civili e militari nella Repubblica Sociale Italiana (1943-1947)”, edito a Udine da Aviani & Aviani Editori nel 2025. L’autore della recensione è Carlo Cesare Montani, storico ed esule di Fiume (a cura di Elio Varutti).
In Italia, la storia della Seconda Guerra Mondiale è stata caratterizzata da notevoli esempi di eroismo al femminile, quasi senza precedenti: fra l’altro, per l’ampiezza di un fenomeno come quello del Servizio Ausiliario costituito con Decreto Legislativo 18 aprile 1944 n. 447, agli ordini del Gen. Piera Gatteschi Fondelli, unica donna ad avere raggiunto tale alto grado della gerarchia militare. Nonostante la breve vita del Corpo, che fu operativo per oltre un anno sino al termine del conflitto, e si avvalse di altri quattro Ufficiali superiori, tutti al femminile, le donne inquadrate nel Servizio, dopo i sei corsi di formazione che si protrassero in tempi successivi fino all’aprile 1945, furono quasi diecimila, ed in molti casi lasciarono, assieme alla vita, testimonianze di elevato valore morale e civile.
Oggi, essendo possibile ed auspicabile un giudizio finalmente oggettivo, avulso da pregiudizi e strumentalizzazioni, è giusto ricordarle a futura memoria, se non altro per la rigorosa disciplina etica, ma nello stesso tempo, organizzativa e funzionale, che fu tipica delle Ausiliarie. Si deve aggiungere che le formazioni del SAF agirono nell’ambito di un’ufficialità contraddistinta dalla divisa e da regolari inquadramenti, ma nello stesso tempo disarmata, quasi a sottolinearne la funzione di supporto, diversamente da quanto accadde nel campo partigiano, con un crescendo di adesioni soprattutto alla fine del conflitto.
Le donne italiane avevano già dato importanti dimostrazioni di patriottismo con le tante eroine del Risorgimento, e nella Prima Guerra Mondiale con l’umile e generosa epopea delle “portatrici” di Carnia e Cadore, suffragata, sia pure con incredibile ritardo, dalla Medaglia d’Oro al Valor Militare che venne conferita negli anni novanta dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro alla memoria di Maria Plozner Mentil, Caduta nel 1916 sul fronte alpino di Paluzza, non lontano da Passo Monte Croce e dal Sacrario di Timau dove venne sepolta. Tuttavia, non si era mai verificato un fenomeno di larghe adesioni come quello, rigorosamente volontario, che fu carattere essenziale del Servizio Ausiliario Femminile fra il 1944 ed il 1945, diversamente dalle analoghe esperienze avutesi soprattutto nelle Forze Armate di Gran Bretagna, Stati Uniti ed Unione Sovietica, più numerose ma non altrettanto volontarie. Se non altro per questo, è congruo proporre all’attenzione degli ignari e degli immemori una pagina di storia italiana come quella delle Ausiliarie, che testimonia l’esistenza di valori importanti ed “universali” a cominciare da quelli dell’onore e della coerenza, anche nell’ambito femminile.
Gli esempi del loro comportamento all’insegna del nobile sentire e del forte agire vivono senza significativa visibilità nella tradizione orale e nella memorialistica perché le sorti belliche e l’ostracismo degli anni successivi non consentirono di mettere in luce adeguata gli episodi salienti di quella stagione orribile. Motivo di più per onorarle a futura memoria, e per porre in giusta evidenza, trascorso un ottantennio dai fatti, l’esempio di vita e di valore patriottico manifestato con una convinzione tanto più commendevole, tenuto conto che molte di loro si erano arruolate nella consapevolezza di esiti ormai irreversibili.
Sebbene l’attività del Corpo sia stata circoscritta ad un periodo piuttosto breve ed a funzioni di supporto, furono ben 15 le Ausiliarie che, nonostante le naturali difficoltà organizzative ed infrastrutturali, vennero proposte per una decorazione al Valore.
In tre casi si ebbero i conferimenti della Medaglia d’Oro. Con la prima, venne insignita l’Ausiliaria Franca Barbier di Saluzzo (Cuneo), figlia di un Colonnello degli Alpini che si era distinto in Dalmazia e sorella di un Volontario della Repubblica Sociale Italiana. Catturata in Valle d’Aosta da una formazione partigiana, mantenne un comportamento di grande fermezza e forza d’animo di fronte alle minacciose profferte di passare al nemico; condannata a morte, scrisse alla madre una lettera di alto spessore morale che resta tra le pagine migliori della RSI, e venne uccisa a Champorcher il 25 luglio 1944 con un colpo alla nuca sparato a bruciapelo dal comandante partigiano della banda, dopo che il plotone di esecuzione si era rifiutato di fare fuoco.
La seconda, invece, fu conferita all’Ausiliaria Angelina Milazzo, nativa di Aidone (Enna) e veterana dell’Africa, che in occasione di un bombardamento alleato avvenuto il 21 gennaio 1945 a danno di un treno viaggiatori presso la stazione ferroviaria di Garbagnate, cadde facendo scudo del proprio corpo a favore di una signora incinta, salvandola dall’incursione nemica assieme alla creatura che aveva in grembo. L’episodio, destinato a grande notorietà del momento, venne illustrato sulla copertina a colori della “Domenica del Corriere” nel primo numero di febbraio.
Il terzo caso è quello di Maria Garzena, uccisa il 4 luglio 1944 nella sua abitazione di Graglia (Vercelli) dopo aver tenuto testa all’attacco di una pattuglia partigiana e protetto la fuga dei familiari, soccombendo con un colpo alla gola dopo una strenua resistenza. Si deve aggiungere che la casa venne sequestrata e che non fu restituita.
Tutti i conferimenti, a prescindere dalle motivazioni con cui erano stati deliberati, furono revocati in blocco dopo la fine delle operazioni belliche, da parte della nuova Repubblica Italiana, in esecuzione di una volontà politica indiscriminata, che nella fattispecie sarebbe stata difforme anche da quella di altri Stati belligeranti.
Nei casi citati, come in tanti altri, gli atti delle Ausiliarie furono improntati ad una nobiltà di sentimenti non disgiunta dal convincimento di dover seguire la propria coscienza, lungi da ogni “se” e da ogni “ma”. A prescindere dalla successiva cancellazione collettiva, spiace che in altre occasioni la decorazione non abbia fatto seguito alla proposta, sebbene i fatti che ne avevano suggerito il conferimento siano rimasti a testimoniarne il valore, ben oltre la fine delle ostilità. D’altro canto, soprattutto negli ultimi mesi di guerra la funzionalità organizzativa delle strutture militari e civili aveva finito per diventare un “optional”.
Al pari di quanto accadde per altri reparti della Repubblica Sociale, l’arruolamento volontario era aperto anche a ragazze molto giovani; e non mancarono le giovanissime che si presentarono ai centri di reclutamento e riuscirono ad arruolarsi in via eccezionale, dopo avere superato comprensibili difficoltà. Nonostante la breve durata di vita della Repubblica, le arruolate nel SAF e nelle altre formazioni militari aperte all’universo femminile, furono circa diecimila.
Fra le Ausiliarie che riposano nel Campo Dieci del Cimitero milanese di Musocco (1) assieme ad un migliaio di Caduti della RSI, figurano adolescenti poco più che bambine, rese mature da una scelta impetuosa ma sicura, all’insegna del patriottismo e del vivo senso dell’onore che una tragica congiuntura politica e militare aveva promosso con adesione spontanea generalmente disinteressata; ed in molti casi, con il conforto di una forte fede cristiana (tra le Ausiliarie scomparse si ricorda con doverosa evidenza anche la terziaria francescana Angela Maria Tam).
Le Ausiliarie cadute, nella maggior parte dei casi a guerra finita dopo inenarrabili offese alla loro dignità femminile e sevizie di ogni genere, su cui la memorialistica ha lasciato testimonianze allucinanti (2), si contarono nel numero minimo di parecchie centinaia. Per alcune di esse non furono possibili nemmeno l’identificazione e l’onorata sepoltura, all’insegna di un’angosciosa morte sul campo che risaliva a tradizioni millenarie e che era stata massimizzata dagli eccessi e dalle efferatezze della guerra civile. Infatti, alcune scomparvero per sempre nelle acque dei fiumi, nel silenzio dei boschi o negli anfratti rocciosi delle montagne, gettatevi impietosamente dai vincitori, ma in qualche caso, persino con una scelta suicida motivata dal comprensibile desiderio di sfuggire ai loro aguzzini.
Le ricerche disponibili fanno ascendere ad almeno 420 le Ausiliarie cadute di cui si posseggono dati anagrafici completi e probanti, senza contare le centinaia di quelle rimaste parzialmente o totalmente ignote. Tra loro si contano oltre trenta ragazze minorenni appartenenti alle classi d’età comprese fra 15 e 20 anni (all’epoca la maggiore età si conseguiva a 21): basti ricordare le giovanissime Marilena Grill da Torino, Marcella Batacchi da Firenze ed Eleonora Sommariva da Thiene, trucidate come tante altre dopo atroci torture e violenze innominabili, e dopo essere state esposte al ludibrio di una folla massificata, senza un minimo residuo di “pietas”.
Si deve aggiungere che la maggioranza assoluta delle Ausiliarie cadute scomparve a guerra finita, dal 28 aprile 1945 in poi, spesso in spregio degli accordi di resa; e che furono tutte massacrate nell’Italia settentrionale, dove, come si diceva, avevano prestato servizio generalmente disarmato. Una quota significativa, pari a non meno di 28, perse la vita in Venezia Giulia e Friuli, in cui anche le Ausiliarie furono Vittime delle foibe e della pulizia etnica programmata dai partigiani di Tito col vile supporto di quelli italiani.
Alcune ragazze del SAF condannate a morte dai partigiani con la consueta prassi sommaria, riuscirono a lasciare ugualmente una testimonianza scritta del proprio sacrificio, al pari di Franca Barbier: è il caso delle torinesi Laura Giolo e Margherita Audisio, rispettivamente di 25 e di 20 anni, le cui lettere sono tanto più toccanti perché si concludono con ammirevoli professioni di fede cristiana e di perdono (e nel secondo caso, anche con il “conforto” di avere ottenuto la fucilazione al petto come un vero soldato, anziché alla schiena). E’ il caso anche della triestina Lidia Fragiacomo di 33 anni, che aveva tentato invano di salvare le sue compagne di sventura attribuendosi il ruolo di comandante, e che scrisse parole commoventi alla sua datrice di lavoro.
Gli esempi documentati continuano a lungo, al pari dell’elenco di vergognose efferatezze che in molti casi vennero compiute sulle Ausiliarie, in spregio della divisa che portavano, e naturalmente, della loro femminilità.
Il 26 agosto 1974, quando le spoglie mortali del Comandante Junio Valerio Borghese, che aveva avuto un ruolo importante nella decisione di costituire il Servizio Ausiliario Femminile, rientrarono in Italia da Cadice, il Ministero della Difesa (guidato da Giulio Andreotti) non volle concedere gli onori militari, che pure sarebbero stati dovuti, trattandosi di una Medaglia d’Oro al Valore, anche se conferita dalla cosiddetta “parte sbagliata”. Era passato un trentennio dai fatti ed il giudizio storico avrebbe potuto ragionevolmente prescindere da resipiscenze ormai superate, onorando un’antica consuetudine con valore sostanziale di legge, che risaliva addirittura ai tempi di Omero. Non fu così.
Per le Ausiliarie è accaduto qualcosa di analogo se non anche di peggio, come se la “vulgata” non volesse ammettere né tanto meno giustificare che un cospicuo Corpo femminile avesse eliso il tradizionale ruolo della donna dedita alla casa e alla famiglia, con un’opzione radicale e “rivoluzionaria” motivata dall’emergenza e destinata a lasciare segni non effimeri. Basti ricordare che il suffragio universale femminile per le elezioni politiche nazionali e per quelle amministrative fu istituito nell’immediato dopoguerra, anche in previsione del referendum istituzionale, a 35 anni di distanza da quello maschile.
Il tempo trascorso dalla vicenda storica delle Ausiliarie e dal sacrificio con cui parecchie di loro si immolarono consapevolmente nel campo dell’onore non ha cancellato il ricordo di una stagione dura e per molti aspetti irripetibile, caratterizzata dallo scontro epocale tra le “fedi opposte” che Benedetto Croce aveva riconosciuto avere analoghe dignità nella misura in cui fossero effettivamente sostenute da nobili e coerenti principi, anche se una parte rilevante della storiografia italiana contemporanea ha finito per indulgere alla teoria aprioristica della “parte sbagliata”.
Al di là di ogni altra considerazione etico - politica, oggi non è possibile negare al Servizio Ausiliario Femminile, nel quadro di una fondamentale cooperazione con le forze combattenti di terra, di aria e di mare, il ruolo innovativo che ebbe nell’affrancamento da condizioni di antica subordinazione, e nel modello non soltanto militare di una donna moderna, consapevole, capace di compiere scelte sofferte e di farsi, in ultima analisi, “soggetto di storia”.
Carlo Cesare Montani. Storico - Esule da Fiume
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Il libro qui recensito: Laura Brussi, Ausiliarie. Storie di valore umano e civile all’alba della nuova coscienza femminile. Donne civili e militari nella Repubblica Sociale Italiana (1943-1947), Udine, Aviani & Aviani, 2025.
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Note
(1) - La manutenzione dei Sepolcri di Campo X è stata costantemente assicurata, dal dopoguerra ai nostri giorni, grazie all’impegno di alcune Ausiliarie superstiti, ed in particolare di Maria Luisa Gambini e di Velia Mirri, unitamente a quello di alcuni giovani collaboratori che hanno sopperito al disimpegno programmato del momento pubblico. Oggi, scomparse le protagoniste di quella stagione straordinaria, l’opera di tutela e di manutenzione è affidata all’Associazione “Memento”.
(2) - La bibliografia sul Servizio Ausiliario Femminile è relativamente circoscritta: a parte alcuni vecchi memoriali, soltanto dagli anni novanta il ve.lo di silenzio steso sulle attività del Corpo ha cominciato a diradarsi, sia pure tra resipiscenze e contraddizioni. Tra le opere di maggiore obiettività, cfr. Luciano Garibaldi, Le soldatesse di Mussolini, Memoriale inedito di Piera Gatteschi Fondelli, Mursia, Milano 1995; Marino Viganò, Donne in Grigioverde, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1992.